È nel cuore delle Serre, la cittadina, tra i boschi di un
territorio intriso di storia e spiritualità. Fu questo luogo solitario e pieno
di pace che Brunone di Colonia, maestro della Certosa di Grenoble, scelse per il
suo ritiro, nel 1091, dopo un lungo peregrinare per le strade e le città
d’Europa. A lui ed ai suoi pochi seguaci, il conte Ruggero d’Altavilla fece
dono della Serra di Santo Stefano, come all’epoca erano definite le terre
circostanti, foreste ed acque comprese. Il convento che Brunone fondò era
detto, appunto, Certosa di Santo Stefano. Fenomeno tipico del tempo, il
convento, consacrato tra il 1097 ed il 1099, divenne un centro d’aggregazione
anche per i laici, che si stabilirono nei pressi.
Diverse sono le versioni al riguardo: secondo le cronache della certosa, i fondatori del borgo furono
discendenti dei congiurati di Capua, imprigionati ed asserviti alla Certosa da
Ruggero; alcuni sostengono che all’inizio il villaggio era semplicemente un
accampamento provvisorio degli operai che lavoravano alla costruzione della
Certosa stessa; per altri fu una frazione del vicino comune di Spadola; per
altri ancora fu fondato dai profughi di Vingi, Sant’Andrea e di Roseto,
villaggi distrutti dai saraceni; ultima ipotesi, fu il guardaboschi che
Ruggero mise a disposizione dei monaci a stabilirsi per primo nella zona con la
famiglia. Il nome del villaggio era Santo Stefano del Bosco.
La storia della certosa è in pratica quella della città:
alle prime donazioni, e le relative conferme papali e diocesane, ne seguirono
molte altre, da parte della nobiltà calabrese. I possedimenti si estesero
notevolmente e, con la ricchezza del convento, crebbe e si sviluppò anche il
villaggio. Dal 1193, dai Certosini il convento fu assegnato ai Cistercensi,
svolta importante per la storia civile e religiosa: agli abati toccò anche il
compito di amministrare numerosi casali sorti sulle vaste proprietà. In pratica
era nato un feudo monastico, se così si può dire, che nel 1411 comprendeva i
territori di Spadola, Montauro, Gasperina e Bivongi. L’istituzione della
commenda, e l’affidamento ad un prelato residente a Napoli, fu una iattura per
il feudo, la cui economia, in mano a qualcuno totalmente estraneo alla vita del
feudo stesso, entrò rapidamente in crisi, tanto che all’inizio del 500, la
certosa ed i relativi possedimenti furono incamerati dal Papa. Conscio del
prestigio e dell’importanza del monastero, nel 1514 Papa Leone X rese i beni
ai Certosini, che risollevarono le sorti del feudo, riportando la Certosa tra le
più importanti della Calabria.
Non ebbe riguardi il terribile terremoto del 1783, che
distrusse la cittadina e la Certosa, entrambe ricostruite, ma in tempi diversi.
Con le leggi francesi d’inizio 800, fu abolita la feudalità ed abrogati i
conventi: Santo Stefano del Bosco fu sede di governo, e, quindi,
capo di circondario nel 1811, status confermato anche con il riordino borbonico del
1816. L’attuale denominazione, Serra San Bruno, fu acquisita per decreto di
Vittorio Emanuele II, il 22 gennaio del 1863. |